Questo racconto fotografico è stato pubblicato il 2 luglio 2015 sul portale di Osservatorio Balcani e Caucaso. Al seguente link il reportage originale. goo.gl/kESR1W Ci sono dei territori che sembrano destinati a rimanere in secondo piano, distanti dai riflettori delle rotte principali, dei grandi flussi di beni, persone e denaro. La Macedonia rappresenta proprio uno di questi casi. In questo piccolo e giovane paese balcanico, la maggioranza macedone convive con una nutrita minoranza di etnia albanese (circa il 20% della popolazione totale). Nel corso degli anni, il complicato equilibrio interno è stato messo più volte a dura prova da ambo le parti, in un'escalation di azioni, episodi d'intolleranza ed attentati che nel 2001 sono sfociati in una vera e propria guerra civile. Queste fotografie sono state scattate nei quartieri e nei sobborghi della capitale Skopje, in quei luoghi testimoni degli scontri del 2001 e che mostrano ancora oggi la diffusa presenza di simboli legati alle diverse identità del luogo. Fortuna (o sfortuna) vuole che gli scatti siano stati effettuati proprio nel giorno precedente ai fatti di Kumanovo. Dopo anni di quiete e silenzio, la Macedonia è tornata sulle pagine internazionali dei quotidiani proprio negli ultimi mesi, a seguito delle numerose proteste nei confronti del premier Nikola Gruevski. I media vengono spesso indirizzati verso le controversie di natura etnica in quanto esse garantiscono una visione più istintiva e certamente molto più semplificata per l'opinione pubblica. Le contestazioni che hanno scosso le piazze della capitale sono però certamente di natura politica più che etnica: a riprova di ciò è il fatto che durante le ultime manifestazioni, sempre di più le bandiere macedone ed albanese abbiano sventolato insieme in un unanime coro per chiedere le dimissioni del premier. In un paese – come la Macedonia – con un passato così complicato ed una composizione etnica così variegata, sembra che una convivenza pacifica e duratura sia un miraggio. Il territorio è costellato di bandiere, statue, monumenti e simboli legati ad un'identità che una (piccola?) parte di popolazione sembra aver la necessità di affermare a gran voce. Nonostante la strada per un equilibrio stabile ed incontrovertibile sembri ancora lunga, forse però arriverà proprio dalla popolazione la risposta alla presunta difficoltà d'integrazione tra le varie componenti etniche. L'emblema della capitale Skopje, coerentemente disordinata come la città stessa. Sulla destra i minareti svettano tra le case del bazar, l'antica parte della città di chiaro stampo ottomano. A sinistra invece si scorge la Mileniumski krst, la gigantesca croce metallica eretta nel 2002 sul monte Vodno per celebrare 2000 anni di cristianità in Macedonia. Gli universi islamico e cristiano sono lì, l'uno accanto all'altro, ma si ignorano puntando entrambi verso il cielo. Ultimo ma non meno importante uno degli innumerevoli condomini in cemento edificati durante il periodo socialista e sparsi per la città. Tra l'antico bazar ed il fiume Vardar sorge la statua dedicata all'eroe nazionale dell'Albania e degli albanesi nel mondo, il condottiero Giorgio Castriota Skanderberg. Con la sua bandiera stretta al collo, sembra quasi sfigurare davanti agli hotel, ai casinò e alle nuove lucenti statue fatte costruire per il discutibile progetto Skopje 2014. Sulla strada dedicata all'eroe macedone Nikola Karev, si erge una statua che rappresenta l'aquila bicipite albanese. Per quanto possa sembrare strano, non siamo a Tirana o in una città albanese, ma a pochi passi dal centro di Skopje, in piena area "ottomana". Nel quartiere di Topaana le strade diventano viuzze strette e si intrecciano tra case basse e fili sparsi ovunque. Questo è uno dei quartieri più poveri e con la più alta densità di abitanti rom. Qui moltissimi profughi albanesi trovarono rifugio dalla guerra kosovara di fine anni 90. Gli episodi di intolleranza nei confronti degli abitanti di questo quartiere – considerato un vero e proprio ghetto da alcuni – sono ancora ben visibili in città, tanto da poter trovare sui muri dei quartieri circostanti graffiti che proclamano: "Topaana is not Macedonia". A soli 13 chilometri da Skopje sorge la cittadina di Aračinovo . Nel 2001 questa località giocò un ruolo chiave nella guerra civile. Occupata dai ribelli albanesi per una decina di giorni, la città venne assediata e bombardata dall'esercito macedone nonostante i tentativi di dialogo, caldeggiati anche dalla NATO. Il cessate il fuoco, ordinato dalla NATO stessa, permise ai ribelli di scappare dalle loro postazioni e fu considerato (dai macedoni) una vera e propria sconfitta politica per il governo. Oggi, 14 anni dopo, per le vie del paese si possono vedere ancora diversi simboli legati all'identità albanese, come questa scritta vicino alla fermata dell'autobus che tradotta in italiano significa "Io sono albanese". Gli eventi del 2001 sono ancora ben impressi e legati al territorio: qua addirittura l'insegna di un bar riporta l'anno, i colori albanesi e l'immancabile aquila bicipite.. Un gruppo di donne passeggia sulla Metodija Andonov-Čento, la strada che i carri armati dell'esercito macedone percorsero il 22 giugno 2001 nell'intento di riprendere controllo della cittadina, da giorni in mano ai ribelli. Su Aračinovo per la prima volta dall'inizio della guerra venne utilizzata anche l'aviazione: i bombardamenti sulla città furono devastanti e rasero al suolo molte abitazioni. Molte delle case, 14 anni dopo il conflitto, sono ancora semidistrutte o in fase di (lenta) ricostruzione. Il nazionalismo macedone si esprime un po' ovunque, anche accanto ad una comunissima fermata dell'autobus. Quella di Volkovo, piccolo villaggio nei pressi di Skopje a maggioranza macedone, è stata dipinta con la Stella argeade e la parola “Combat”. Il grande sole giallo è alla base delle forti tensioni sul nome "Macedonia" che si protraggono da anni con la Grecia. Rivendicazioni simboliche ma anche rivendicazioni territoriali: Volkovo si trova a 10 kilometri dalla frontiera kosovara, ai piedi di quelle montagne che furono teatro della guerra nel 2001. Spostandosi verso sud, si entra in un'area a forte maggioranza macedone. Siamo a Lozovo, non lontani dalla città di Veles, ed è di nuovo la fermata dell'autobus a dirci qual è il gruppo etnico predominante in paese. Per fortuna, ciò non sembra esser di peso per le due donne in attesa del bus.
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Ferroviaggi - Fotografie Marco Carlone